“Ex aspectu nascitur amor” dicevano i latini, evidenziando la labilità del confine tra la vista e il piacere. Questo accade anche nel piatto, soprattutto nel piatto come conferma l’espressione adulta utilizzata per invitare i bambini a superare le resistenze indotte da un cibo magari poco convincente dal punto di vista estetico, ma ugualmente salutare o buono.
educare il consumatore guidarlo ad una migliore comprensione del prodotto e del lavoro che c’è dietro
e la sollecitazione estetica è ormai un contenuto di comunicazione. Guardatevi intorno al ristorante appena il cameriere arriva con il piatto da gustare, la maggior parte delle persone prende il telefono e scatta una foto per immortalare il momento, per poi inviarla via whatsapp o postarla su Instagram o Facebook.
Questa pratica di consumo e comunicazione connessa all’aspetto del cibo attinge al fenomeno del food porn. Questo termine è stato utilizzato per la prima volta nel 1984 dalla critica Rosalind Coward nel suo libro “Female Desire”, in cui definisce “cibo pornografico” quel cibo cucinato e presentato in modo esteticamente impeccabile.
Nel corso del tempo però ha perso questo significato, connotandosi sempre più in quegli alimenti calorici e golosi, proprio quando i cibi più leggeri e dietetici hanno iniziato a prendere piede. Tanto che nel 1998 la no profit americana “Center for Science in the Public Interest” ha creato una rubrica dal titolo “Cose giuste vs. Food Porn”. Con l’arrivo dei social network la passione per il cibo è letteralmente esplosa e si è portata dietro l’ennesima rivoluzione per il mondo della ristorazione.
In Italia la fotografia è la seguente: 7 italiani su 10 condividono sui social newtork (Facebook, Instagram in primis) le foto scattate al ristorante. Principalmente (51%) condividono foto dei piatti appena usciti dalla cucina (con il classicissimo hashtag #foodporn) è molto alta anche la percentuale di selfie con gli altri commensali (28%) e quella dei post contenenti immagini degli interni del ristorante (21%) La costante crescita di interesse per il cibo trovando il suo volano nei Social Network è stata anche promotrice di una cultura sempre più attenta a tematiche come ambiente, cibo e materie prime. Sopratutto i giovani hanno trovato nel digitale un modo nuovo e alternativo per sviluppare idee, proposte, strategie e visioni. Il topic del food è diventato nevralgico e il traffico di interazioni (buzz marketing) ha dato vita a casi di successo spesso incentivando il dialogo tra settori una volta distanti anni luce.
Tutto questo “movimento” ha condotto la ristorazione ad un’assunzione di consapevolezza e la volontà oggi è quella di non essere più solo l’oggetto della comunicazione, ma anche il soggetto erogatore di comunicazione di valore sui social. Essere presenti sulla piazza social è oggi l’obiettivo di ristoranti, bar, pizzerie e altri luoghi dedicati alla preparazione e al consumo del cibo.
Curare la propria presenza online, sia a livello social (Facebook e Instagram), che sui portali di ricerca e recensione (Google e Tripadvisor), diventa sempre più importante. Anzi, rappresenta un aspetto determinante per un locale. Non solo nella fase iniziale, ma anche nel presidio costante e nell’interazione con i propri clienti. Il digitale in rete con altri strumenti deve essere utilizzato in modo strategico per attirare nuovi clienti e fidelizzarli. Raccontare la storia di un prodotto o di un piatto, far vedere il lavoro che c’è sulle materie prime, far passare la filosofia di un locale o di un processo di preparazione sono passaggi indispensabili. Oggi “mostrare” e “mostrarsi” può davvero fare la differenza e soprattutto permette al brand di
“Mangiare con gli occhi” può diventare, se ben gestito, un invito da accogliere, lasciando che l’occhio diventi un canale per capire e scegliere con ratio.